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Scott 299S
Questo amplificatore fu uno degli ultimissimi prodotti ancora negli States dalla HH Scott. Il progetto risale alla metà degli anni 60 e il modello, rimase circuitalmente pressochè invariato dal 1967 fino al 1972 circa, passando attraverso vari suffissi, ovvero 299F, 299S, e 299T. Si tratta di un tipico amplificatore figlio di un epoca, quindi un simmetria quasi complementare, alimentazione singola, stadio phono a due transistor, controllo del bias con diodi sensori in serie, alimentazione per gli stadi preamplificatori realizzata con reti RC passive e potenza dell'ordine della ventina di watt. Caratteristica rara invece è l'utilizzo quasi esclusivo di materiali amagnetici, come alluminio e plexiglass, peccato per le viti, che sono ovviamente in ferro zincato. L'amplificatore risulta quindi anche piuttosto leggero. Con il suo cabinet dedicato, in legno scuro, diventa anche bellino. All'interno si notano lavorazioni che predisponevano il telaio all'utilizzo anche per il receiver corrispondente, ovvero agli stampati della sezione ad alta frequenza, che qui ovviamente mancano. E' evidente lo sforzo che si stava facendo di mantenere la produzione in Patria, cercando di contenere i costi in tutti i modi, eccetto quelli che avrebbero inficiato la qualità complessiva. Attorno al 1971-72 la produzione si sarebbe spostata in Giappone: questi Scott (il 299, il 260, il 295, l'LK60 ) sarebbero stati gli ultimissimi nipoti di una progenie di sicura e comprovata nobiltà che affondava le radici nella preistoria dell'alta fedeltà, con una produzione mitica di splendidi valvolari tra la fine degli anni 40 e la metà anni 60, concorrenti dei vari marchi d'oro americani Fisher, Marantz, Sherwood, McIntosh. Collegato all'usuale set di ascolto, che ora vede sostituito il lettore CD Quad 66 con un Sony CDP791 (alias x111ES). Dalle prime note si nota immediatamente che questo ampli appartiene all'abbastanza ristretto novero degli amplificatori a transistor dal suono particolarmente dolce. Questo fatto, che normalmente si accompagna a timbri virati sul caldo, con una emissione apparentemente più scura rispetto ad altri amplificatori, nel caso presente fa una eccezione. Il suono è assai ben dettagliato, e i piani sonori ben rispettati. E si ricordi che l'esemplare non è stato assolutamente ricappato. Nei limiti (ben precisi) dinamici l'articolazione della gamma bassa appare virtuosa. L'utilizzo è molto semplice, fatta eccezione per gli switch che sono soggetti a rumori di commutazione e mancati contatti, cosa che impone una seria terapia di disossidazione. In compenso i potenziometri pur nella loro vetustà si comportano bene, evidenziando addirittura una buona costanza nel tracking, con pochi sbilanciamenti. I diciotto watt di questo amplificatore non sono molti. Ma sono TUTTI utilizzabili: niente fatica d'ascolto! Anzi! Si può anche affermare che accetta carichi difficili senza scaldare troppo e senza diventare fastidioso. Sta all'utente individuare gli esatti limiti di erogazione e tenersi prudenzialmente leggermente al di sotto, per poi potersi godere una emissione veramente notevole, dolce e definita. Il rumore di fondo anche a volume zero non è il suo forte, ma l'esemplare monta ancora i transistor di piccolo segnale tutti originali (montati su zoccolo!). Riguardo il rumore di fondo, è ben noto che molti appassionati sono disposti a sopportarlo, sacrificandolo sull'altare del bel suono. Penso a tanti utilizzatori di monotriodi a controreazione zero in unione a diffusori super-efficienti, da 100db/W/m e oltre che si cuccano spesso ronzii e fruscii in abbondanza, ma non si lamentano, anzi. Perchè quindi un piccolo gioiellino a stato solido come questo Scott 299S non meriterebbe un perdono giudiziale?
Edited by tunedguy57 - 10/6/2022, 17:48
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