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Riprendiamo questo thread con l'analisi di una vecchia gloria Philips. Come preannunciato in altro thread, sono entrato in possesso di un 22RH591.
Questo integrato a rigor di cronologia non dovrebbe entrare in questo thread poichè il progetto risale al 1968-69. Ma la gran parte della sua commercializzazione è avvenuta tra il 1969 e il 1971, e poichè in molti lo hanno posseduto in epoche abbastanza remote, e ne hanno conservato un ottimo ricordo, ho deciso di farli contenti, sperando tornino qui a leggere questa disamina.
La circuitazione, se paragonata alla generazione Philips successiva appare in un certo senso più moderna, dato che si avvale di un alimentazione simmetrica +30/-30 e quindi l'uscita è ad accoppiamento diretto, senza condensatore si uscita. Ma le cose interessanti non si limitano a questa. Prima di tutto i transistor finali impiegati sono dei rari BDX20, con una fT di ben 4 Mhz, e non quindi i super classici 2N3055 che all'epoca ( e per diverso tempo ancora) spopolavano. Poi abbiamo la presenza di uno stadio VAS interessante, non composto dal classico transistor in configurazione a emettitore comune, con capacità Cdom che limiti la banda passante localmente, ma da uno stadio "quasi cascode". Perchè "quasi"? Perchè il transistor superiore non è a connessione "base comune" ma costituisce invece un carico attivo per quello inferiore, fissandone una precisa corrente di funzionamento. Il trucchetto ha consentito al progettista di evitare il classico "bootstrap" sulle basi dei driver, che invece sarà ben presente in varie generazioni successive di amplificatori Philips (RH520, RH521 ecc). Quanto alla limitazione locale di banda, troviamo una capacità verso massa, al posto della classica capacità degenerativa "attiva" tra collettore e base dello stadio amplificatore di tensione. (VAS appunto) Secondo Doug Self tale configurazione è meno efficace ma evidentemente al progettista è parso sufficiente agire in questa direzione. La polarizzazione delle basi dei driver avviene con Vbe multiplier e il carico del VAS è costituito da una resistenza di 10Kohm. Non è presente la resistenza stabilizzatrice del diodo amplificato nè alcuna capacità in parallelo a questo, per stabilizzare la tensione tra le basi dei driver...non possiamo pretendere troppo. Troviamo invece un inedito sistema ad alta impedenza di inteconnessione tra i due canali nel punto di arrivo delle controreazioni in tensione prelevate in uscita. Il redattore del service a questo riguardo parla di un sistema per minimizzare l'hum a 100 hertz possibilmente presente sul ramo negativo, vista la rettificazione ad onda intera. La spiegazione appare francamente abbastanza oscura, come oscuri (almeno a me) appaiono i motivi di tale scelta. La sezione toni è passiva (nelle generazioni successive Philips saranno sempre attive). Molti filtri e molti stadi per recuperare guadagno, tipiche cose degli ampli anni 60-70. Stadio phono a due transistor alimentato a tensione abbastanza elevata da essere rassicurante nei confronti delle prestazioni dinamiche e quindi di accettazione (28volt) . Alimentatore composto da un trasfo dotato di due secondari separati per la sezione finale e la sezione pre. La tensione della sezione pre viene livellata con una catena di sezioni RC in cascata. La sezione dedicata al finale è, come si diceva "split" (+30/-30). Un buffo vumeter a zero centrale fa bella mostra di sè, inutile e pacchiano, e per fortuna non funzionante (chissenefrega di vedere un ago centrale che si agita come una scimmia senza indicare un bel nient?! Il trasformatore è il classico Philips con nucleo a C, generosamente dimensionato. Capacità di livellamento di 4000 uF per ramo. Componentistica tutta (ma proprio tutta) Philips made in Europe. Se trovate in questo amplificatore qualcosa prodotto fuori dall'Europa siete bravi! Bene: andiamo alle prestazioni sonore fornite.
Dopo le operazioni di routine di regolazione bias, simmetria, e pulizia switch e potenziometri, prendo atto che l'amplificatore non è MAI stato riparato ed è tutto originale. Il funzionamento appare sufficientemente stabile, come abbastanza stabile appare la tensione di offset in uscita, tutto sommato una prestazione positiva.
Collocato nella catena test e avviata la prima traccia il suono appare sulle prime piuttosto scuro, con bassi predominanti e una scena sonora tendente al monofonico. Non mi scoraggio e lo lascio suonare per un pò di orette a basso volume. Il riscaldamento appare modesto, diciamo tiepido, certamente non freddo. Torno a mettere la traccia e ascoltiamo. La parte bassa dello spettro è perentoria e convincente, ma qualcosa non va in gamma media e alta. Viene più voglia di abbassare che alzare il volume. Sono sonorità imprecise e alla ricerca di un migliore equilibrio smanettando coi controlli di tono, alla fine decido che gli acuti vanno lasciati a metà e i bassi un pò alleggeriti. Sembra vi sia un certo "loudness" sempre inserito. Ma il loudness non è sempre inserito: c'è una bella levetta con due posizioni di loudness da poter scegliere, e io lo sto lasciando in flat. Il tempo passa è le orecchie non sono felici...i nervi anche meno. Sarà una chiavica? Ad un certo punto faccio mente locale al tipo di alimentatore per la sezione pre, che NON E' STABILIZZATA! Quindi se lasciamo il cambiatensioni su 220 e entriamo con i fottuti 230-234 che ho in rete, è evidente che sto sovralimentando la sezione pre. Ora: è necessaria una piccola precisazione a proposito delle tensioni di alimentazione nelle sezioni finali e in quelle preamplificatrici. Andare ad alimentare un finale con una tensione (moderatamente) superiore a quella di progetto comporta sicure differenze soniche. Sicure, ma non drastiche. Se invece buttiamo una tensione superiore a quella di progetto ad una sezione pre, le differenze non solo sono sicure, ma possono diventare DRAMMATICHE! Detto fatto: ho portato il cambiatensioni a 240, rifatte (purtroppo, ma tocca farlo) le regolazioni di bias e offset, e rimesso a lavorare al primo test musicale. E si è avuta conferma di quanto teoricamente previsto a tavolino. Il suono ha perso gran parte della sua aggressività, e ora si può alzare il volume senza avere quella sensazione di "unghia sulla lavagna" che si aveva prima. Lascio andare il materiale musicale e tutto fila abbastanza liscio. "Non sarà un usignolo" penso, ma si lascia ascoltare. Per capire dove siamo, stacco e metto il Revox A78, in un veloce cambio. Ciò mi dà subito la cifra della qualità acustica del Philips, che al confronto con la prode "Guardia svizzera" non sfigura mica tanto! Certo, non ama suonare troppo forte, ma entro precisi limiti fornisce una prestazione sulle voci piuttosto convincente, e un punch sul basso assolutamente buono, sicuramente non inferiore al compassato svizzero.
Tutto ciò che è stato scritto potrebbe venire sovvertito in buona misura se si procedesse ad un ragionato recapping. Ma, fieramente confidente nella qualità dei condensatori Philips, e visto che i recapping totali non li vedo di buon occhio, aspetto qualche giorno e poi eventualmente (ma non ne sono sicuro) procederò ad un (molto) modico recapping.
Conclusioni:
Un amplificatore simpatico, realmente vintage, per l'epoca piuttosto aggiornato circuitalmente. Troppo pieno di switch e stadi "in più" per poter suonare veramente benissimo. La regolazione del volume non è delle migliori: alzando il volume ad un certo punto, intorno a ore 12 il volume si impenna...la regolazione non ha propriamente un andamento logaritmico! La senzazione complessiva è quella di un suono leggermente disomogeneo, con una gamma media non perfettamente raccordata con quella alta. Naturalmente accoppiato con le casse giuste (che forse non sono queste Dynaco, usate nella prova) può dare grandi soddisfazioni. Ma questo, scusate, è un luogo comune, un residuo dei test anni 70, una frase in fondo priva di utilità se non di significato.
Edited by tunedguy57 - 18/1/2019, 15:17
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