Ancora un pensierino sul Loudness

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    Posto che la compensazione fisiologica di volume serve a linearizzare la curva di sensibilità dell'orecchio (precisazione ormai quasi utile, visto il declino inesorabile del comando di loudness, e la scarsa cultura ad esso correlata), una cosa su cui non si era quasi mai posta l'attenzione è che il loudness dovrebbe essere considerato addirittura indispensabile in certe situazioni....e mi riferisco ad accoppiamenti di ampli di modesta potenza con diffusori a sensibilità piuttosto bassa.
    Il purista esige curve di emissione lineari per quel che riguarda l'amplificatore, poi ci pensa l'ambiente e le casse a sputtanare il tutto.
    Ma chissà perchè non si transige sulla linearità dell'amplificatore.
    Vabbè, diciamo che si può comprendere.
    Però...pensate ad una cosa:
    Il loudness, si sa, oltre ad un certo volume di emissione non serve più, poichè la curva di sensibilità dell'orecchio si linearizza oltre un certo livello di decibel.
    Ma gli ampli di piccola potenza (diciamo sotto i 15 watt) magari costosi e raffinati (ad es. monotriodi) ce la fanno a far raggiungere quei livelli i diffusori cui sono collegati?
    Il caso pratico vedrà l'utilizzatore spingere sul volume per arrivare a quei livelli in cui il basso si fa più polposo e realistico e l'immagine sonora diventa più realistica, acquistando in parte risalto anche in zona acuti (sempre tenendo sott'occhio le curve di Fletcher e derivate).
    Ma spessissimo per andare a quei livelli di SPL si forzerà l'ampli in zone vicinissime alla saturazione, se non a farlo entrare decisamente in saturazione, con un aumento di distorsione del tutto incompatibile ai criteri minimali di alta fedeltà.
    Da ciò ne deriva che certi piccoli ampli vintage sarebbero del tutto inascoltabili senza il loudness inserito, poichè incapaci di raggiungere quei livelli ove avvenga la desiderata linearizzazione senza arrivare a toccare la saturazione nei pieno orchestrali.
    La conseguenza solitamente è che si abbassa il volume, appiattendo la resa oltre modo rendendo l'ascolto più un esercizio di sopportazione e di fede, che di vero godimento.
    Mi vengono in mente certi piccoli ampli al germanio degli anni 60 e 70 da pochissimi watt e dal suono talvolta delizioso, che però appaiono senza corpo a volume basso, se non risulti inserito il loudness.
    Spesso costoro erano dotati di loudness non disinseribile: una cosa che francamente mi ha sempre infastidito, ma che alla luce di quanto ho detto credo debba far indignare molto meno. Anzi....non debba proprio far indignare!
     
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    Anche nello stato solido ingegneri del calibro di Matti Otala, Bob Carver ed altri hanno sempre tentato, con varie "divagazioni" sul tema, di sdoganare il ruolo del loudness da certi pregiudizi sulla sua utilità.

    p.s. apperò: simpatico quel mio parente in copertina...
     
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    C'è chi il loudness lo ha recuperato lato diffusori, tipo Wilson, che il loudness lo mette(va) in sede di progettazione, basta vedere una risposta in frequenza. Tanto sapeva che il 99% delle volte i suoi clienti non avrebbero mai tirato su il volume al punto di rendere fastidiosa l'emissione.
    Insomma, il loudness uscito dalla porta è rientrato sotto mentite spoglie dalla finestra... Guardatevi quella simpatica gobbona sui 100 Hz e risposta in salita del tw che caratterizza una pletora di minidiffusori e towerini di oggi.
     
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    Se si parla di compensazione fisiologica a mio avviso è opportuno non dare per scontata la risoluzione, la linearità e la fedeltà del materiale musicale che si sta ascoltando. In funzione di quello, nonché dei trend attuali di modalità d'ascolto, il loudness è diventato un costo più che un beneficio, tanto se la maggioranza delle persone ascolta Miley Cyrus (a puro titolo d'esempio), la senti male sia "quiet" che "loud".(e sono stato buono).

    Non che io sia d'accordo. Ma i fatti secondo me sono questi.
     
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    condivido al 100% quanto riportato da Federico.
     
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    il mio amplificatore (sony TA-F730ES) non ha il loudness e per poter ascoltare bene con i miei minidiffusori e' stato necessario inserire nell'impianto un equalizzatore che compensi l'appiattimento del suono a bassi livelli d'ascolto......con l'eq inserito le mie piccole casse tirano fuori dei bassi niente male, naturalmente senza andare a cercare livelli di volume da concerto live........
    insomma secondo me il loudness e' un accessorio indispensabile!!!
     
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    A mio avviso più che un pulsante ha senso inserire una compensazione isofonica variabile, come ad esempio faceva (se ricordo bene) Yamaha per dire un nome. Secondo me è più flessibile e adeguato, specie per regolare la compensazione dei bassi che spesso diventa eccessiva e rimbombante.
    Spesso mi tocca fare qualcosa di assurdo (a mio parere): inserire il loudness e abbassare i bassi perché per le mie orecchie sono troppo pompati.

    Per carità, poi la vera compensazione isofonica secondo me si dovrebbe attuare sul livello sonoro che arriva alle orecchie quindi con un sistema ad anello chiuso...
     
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    Ok....vedo che l'argomento prende...allora diciamola tutta:

    E' evidente che un comando di loudness così com'era congeniato negli ampli che ne erano dotati (parlo al passato perchè oggi le pulizie etniche ormai si sono felicemente concluse) non poteva essere del tutto soddisfacente.
    Ma il problema è che comunque fosse progettato rendeva il male in qualche modo minore.
    La scarsa sensibilità sulle basse frequenze ( un pò meno alle alte, ma cmq scarsa) dell'orecchio a bassi SPL è un dato di fatto incontrovertibile, evidente, grave e non correggibile se non con curve compensative.
    Il problema di un loudness fisso è che....può funzionare soltanto in un ristrettissimo intorno di SPL.
    Ovvero che la sua funzione linearizzatrice può dirsi tale soltanto in un punto del controllo di volume....e solo con determinati diffusori.
    Evidente che non può funzionare!
    Il classico loudness di scuola Japan (ma in realtà sarebbe americana) implica l'utilizzo di potenziometri di volume dotati di interpresa a circa un terzo della traccia resistiva, in modo da avere massima efficacia (progressivam decrescente) da zero fino circa a ore 13.
    Verso le ore 14 l'effetto quasi scompare e a ore 15 inserire o meno il loudness non ha di norma alcun effetto pratico.
    Tutto bello e tutto buono...ma solo con diffusori di efficienza media! Perchè dico "media"?
    Perchè è quella l'efficienza che il progettista ha in mente quando disegna la curva di loudness in funzione del potenziometro volume.
    Certi costruttori dotavano di loudness i loro amplificatori solo per non essere da meno della concorrenza e buttavano nei loro ampli dei loudness assolutamente esagerati (come quello di "il Clod"), che potevano andare bene forse (e sottolineo forse) solo con diffusori a bassa efficienza ....altri spesso se ne sbattevano delle curve isometriche di Fletcher-Munson e il loro loudness esaltava solo le basse (Kenwood ad esempio, ma non sempre).
    Altri "VERI" costruttori come Grundig dotavano i loro ampli degli anni 60 e primi 70 di ben tre pulsanti di loudness (a volte due) in funzione delle prevedibili diverse condizioni di ascolto.
    Si trattava di vere curve compensative e vi garantisco che è un vero piacere premerli per trovare quello giusto (perchè uno dei tre solitamente E' QUELLO GIUSTO! ). Naturalmente non rinunciavano alla curva variabile dettata dalla posizione del potenziometro del volume, rendendo questi tipi di loudness di gran lunga i più raffinati tra gli apparecchi commerciali disponibili all'epoca.
    Rimane ovviamente il problema che al variare del volume bisogna ricordarsi di cambiare pulsante, perchè la variazione automatica col volume non riesce a star dietro alle curve.
    McIntosh, tanto per fare il nome di uno sconosciuto usava negli anni 60 e 70 dei loudness a controllo continuo, da smanettare mentre si ascoltava, per trovare la posizione giusta.
    Personalmente cmq tale comando serviva nello specifico (ovvero sul C26 e sul C28) soltanto a evidenziare le carenze di equlibrio di tali apparecchi, coi quali era difficile trovare un equilibrio soddisfacente...perchè....non lo avevano! Suonavano male e basta.
    Ma al di là di considerazioni che a qualcuno potranno dar fastidio (io i miei Mc SS li ho venduti da tempo) alla fine di tutto questo panegirico di S. Carlo di manzoniana memoria vorrei dire quale sarebbe il loudness ideale.
    Quello cui accennava "il Clod".......in pratica un sistema ad anello chiuso, con rilevamento fonometrico e autocorrezione.
    Tutto ciò oggi in epoca del digitale è molto facile ed economico (ma il microfono per fare sta cosa mica è digitale, e mica costerebbe poco).
    Per cui mi sento libero di dire che un aggeggio del genere assai poco mi attrae, perchè so quanto poco valgano i microfoni usati nei fonometri commerciali.
    Cosa rimane?
    Beh....rimarrebbero gli equa....ORRORE! hihihihihihi.......vabbè.....magari inseribili solo a basso volume.....
    Meanwhile me la godo quando uso dei vecchi Gru...e trovo il pulsante giusto, in cui l'equilibrio si trova anche usando casse assai diverse.
    In barba a chi afferma da anni che Grundig va bene solo con Grundig.
     
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    Rileggendo il mio intervento mi rendo conto che potrebbe sembrare che io sia un patito di Grundig.
    La cosa è solo parzialmente vera, poichè amo anche molti altri marchi e ascolto con un pò di tutto, come ben sa chi da anni mi conosce.
    Certo...a proposito di Grundig risulta doveroso parlare di loudness, visto che questo cotruttore ( come altri tedeschi del resto) ha profuso molte energie nel progettare apparecchi dotati di loudness veramente efficaci, specie negli anni 60 e 70.
    Negli anni 80 meno.....visto che il comando diventò unico e si poteva ben dire che tale compensatore andava bene solo con diffusori Grundig.
     
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    Concordo. Il difetto del loudness convenzionale è che si comporta bene solo in determinate condizioni (con una certa rotazione del potenziometro, con un certo livello d'ingresso prima del controllo volume (ad esempio io ho mediamente 10-15 dB di scarto tra tape e tuner...) e con una certa sensibilità di diffusori.
    Un sistema analogico di compensazione isofonica ad anello chiuso è fattibile ma non banale. E di sicuro aumenta il costo dell'ampli.

    Comunque 200 euro per un microfono di taratura calibrato non mi sembrano una spesaccia. Se ci si mette d'accordo si fa un gruppo d'acquisto... oppure uno lo compra, lo usa e lo rivende a chi ne ha bisogno.
    Anche perché serve soprattutto per la calibrazione più importante di tutte: quella dell'ambiente d'ascolto.

    Addendum:
    Per completezza dico che si può spendere anche decisamente meno come microfonia calibrata. Esempio (estremo, ma pur sempre esempio).
    Perché l'importante è il certificato di calibrazione, non per forza il prezzo. E' sufficiente cercare.

    Edited by il_clod - 12/2/2015, 12:17
     
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    Non è molto vintage, ma vi assicuro che con un Behringer Deq 2496 e un microfono, meglio se calibrato tipo il Dayton o l'ECM che Thomann vende in bundle col 2496, si fanno miracoli. Io avevo addirittura tentato di riprodurre la curva di equalizzazione del processore delle Bose 901 (senza successo perchè l'intervento in quel caso superava il range di lavoro del Behringer).
    La precisione è notevole, messo il risultato a confronto con quanto rileva la mia clio col suo mic.
    Fa effetto pensare ad una doppia conversione AD/DA sul nostro prezioso segnale, ma spesso ci strappiamo le vesti per la pagliuzza mentre la trave non la consideriamo proprio...
     
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    CITAZIONE (Acoustico @ 12/2/2015, 19:37) 
    Non è molto vintage, ma vi assicuro che con un Behringer Deq 2496 e un microfono, meglio se calibrato tipo il Dayton o l'ECM che Thomann vende in bundle col 2496, si fanno miracoli. Io avevo addirittura tentato di riprodurre la curva di equalizzazione del processore delle Bose 901 (senza successo perchè l'intervento in quel caso superava il range di lavoro del Behringer).
    La precisione è notevole, messo il risultato a confronto con quanto rileva la mia clio col suo mic.
    Fa effetto pensare ad una doppia conversione AD/DA sul nostro prezioso segnale, ma spesso ci strappiamo le vesti per la pagliuzza mentre la trave non la consideriamo proprio...

    Concordo. Non è molto vintage. :)
    In realtà ha una latenza non alta (avevo letto meno di 1ms) ma per me è difficile capire bene cosa faccia e soprattutto con che qualità.

    Credo che a beneficio della conoscenza, varrebbe la pena organizzare una prova d'ascolto con/senza. Sarebbe una bella cosa.

    L'ECM8000 risulta praticamente il microfono di taratura da battaglia, che va bene e costa poco.
     
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    Bel thread, davvero! Grazie!!

    Oggi sono tornato a leggervi (dopo un sacco di tempo, scusatemi) con grande piacere.

    A presto.
     
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    ti riporto il mio pensiero sull'argomento. Post pubblicato sul mio sito

    Domanda facile: secondo voi è sufficiente misurare la risposta in frequenza ai morsetti dei diffusori per determinare se quello che percepiranno le vostre orecchie nel punto di ascolto sarà un suono reale?

    La balla colossale che taluni cercano ancora di spacciare ha proprio le gambe corte. Può circolare in determinati ambienti ove la cultura del suono è stata appresa leggendo le “quattro cose quattro” dispensate dal Guru “de noantri” aggratis (ma non troppo).

    Esistono persone che apprendono nozioni leggendo due pagine su internet, le fanno proprie (non capendo una beata fava) e le difendono anche a spada tratta, non intuendo che loro stessi (i poverini) sono le prime vittime sacrificali del nulla assoluto.

    Il bello è che la frase più utilizzata dai saccenti manipolatori è : “utilizzate le vostre orecchie”, confidando, forse, nel fatto che la gente le orecchie non è in grado di usarle. Infatti, se ognuno le proprie orecchie le adoperasse veramente capirebbe al volo l’inghippo. Saprebbe subito riconoscere il suono appagante da quello scarno. Avrebbe immediatamente la consapevolezza nel capire il giusto dallo sbagliato.

    D’altra parte esiste gente che ha preso come modello di facciata un marchio come Grundig, ideatore e promulgatore del loudness, arrivando persino a fantasticare su fantomatiche interazioni tra telaio e circuitazioni elettriche, sottacendo che su tutti gli apparecchi costruiti a Furth, il controllo fisiologico era una parte fondamentale della circuitazione stessa. Per Grundig il loudness doveva essere sempre inserito. Il tasto apposito lo si doveva schiacciare se NON lo si voleva utilizzare.
    L’ interesse di Grundig è sempre stato tecnico. Puntava costantemente al miglioramento tecnologico ma non fine a se stesso ma come modo per ottenere i migliori risultati possibili.
    Grundig, fintanto ha potuto guidare la sua azienda senza scendere a compromessi, ha sempre prodotto apparecchi destinati nel far usufruire al genere umano il miglior suono possibile. Abbiamo detto genere umano. Non fregava nulla a Grundig quale armonia stimolasse l’attività sessuale dei pipistrelli, a quali frequenze un delfino perdesse interesse per la musica o che melodia invitasse il cane a pisciare. Grundig sapeva che il destinatario ultimo di un messaggio sonoro era l’uomo, con la sua emotività, il suo gusto, il suo patrimonio di conoscenze.

    Per Grundig era la tecnica che doveva essere messa al servizio dell’uomo. L’esatto contrario di quello che viene propinato dai cultori di certe “filosofie” enigmatiche, misteriose e incomprensibili ove tutto deve essere stravolto, a partire dall’ ubicazione assurda degli apparecchi.
    Grundig si atteneva scrupolosamente alle norme DIN 45 500. Superava i limiti posti dalle norme che decretavano il diritto di fregiarsi del marchio Hi-fi. Lo faceva però con granus salis, mai dimenticando la propria “mission”: la tecnica per il piacere dell’uomo.

    Parliamo di tempi ove Grundig aveva la possibilità di costruire come desiderava; quando i propri apparecchi erano prodotti dalle maestranze tedesche e non portoghesi e non era ancora stata costretta a mettere il proprio nome su fetecchie giapponesi. In quel periodo Grundig produceva apparecchi godibilissimi e musicali.
    Non rincorreva le misure imposte dalle pubblicità delle riviste dove le scale di valori erano lo 0,005% di distorsione o gli 0,1 decibel per determinare il buono o cattivo apparecchio. Quello è un retaggio del passato che viene ancora oggi utilizzato, dagli spenna grulli.

    La risposta in frequenza era perfettamente conosciuta da Grundig ma quando costruiva apparecchi ben suonanti si rifiutava di piegarsi alle politiche commerciali. Grundig non costruiva amplificazioni che debordavano dai limiti fisiologici dell’orecchio umano solo per il gusto di esibire numeri sulla carta. Faceva apparecchi che suonavano bene.
    Decretato che la linearità, la distorsione, la silenziosità superano abbondantemente le possibilità dell’orecchio umano, Grundig ha indirizzato la ricerca in altre direzioni.

    Vi siete mai chiesti come mai apparecchi apparentemente identici dal punto di vista delle caratteristiche tecniche, comunemente rilevate dalle strumentazioni, diano delle sensazioni di ascolto completamente differenti? Pensate che il responsabile sia veramente una vite non tirata? Pensate che sia causato dal coperchio dell’apparecchio che deve essere piegato in un certo modo? Se avete queste convinzioni, siete pronti a iscrivervi a qualche confraternita di audiofili frustrati. Gente che si fa del male non fustigandosi con i cavi ma impoverendosi di risorse economiche alla ricerca della modifica miracolosa o della spugnetta ideale per disaccoppiare il diffusore.
    Intendiamoci, quando parlo di apparecchi apparentemente uguali per caratteristiche e suonano in modo differente non mi riferisco solamente alla robustezza dei bassi, alla brillantezza delle note acute o alla plasticità del suono. Alludo anche alla capacità di prolungare il piacere d’ascolto, aumentando la voglia di stare ad ascoltare la musica.
    Grundig non aveva nessun bisogno di attaccare un computer (che non aveva) ai morsetti dei diffusori per determinare la risposta in frequenza e da lì capire se un apparecchio doveva suonare bene. Grundig progettava direttamente i suoi apparecchi perché suonassero in modo divino.

    Fa ridere l’autocostruttore moderno che fa credere al mondo di aver capito tutto ed invece alla scuola Grundig non avrebbe neppure il diritto di sedersi al banco dei somari. Quello che intende misurare tutto ma non sa il valore di niente. Quello che immette un segnale semplice nella bocca dell’apparecchio e pretende di capire se l’apparecchio suonerà bene andando a rimisurarlo in uscita dal deretano. Grundig, soprattutto, e altri gloriosi marchi, avevano studiato e capito come in determinati circuiti, con particolari configurazioni, il comportamento dei segnali musicali complessi sia molto diverso da quello che può presentarsi con funzioni elettriche semplici tipiche di un’onda sinusoidale, quadra, triangolare.
    Un ingegnere italiano diceva: “I circuiti elettronici si comportano come una porta attraverso la quale passa comodamente una persona per volta ma non quattro contemporaneamente”.

    Questa caratteristica non è messa in risalto da nessuna misura presa su alcun morsetto posto sui diffusori. Chi vuol farlo credere o è in malafede o un grande inesperto e, oltre ad essere lui fuoristrada, trascina nel baratro anche tutti coloro che a quelle inesattezza credono. Fortunatamente a questi Guru i più fanno solo finta di credergli…

    Se avete la possibilità di provare gli apparecchi Grundig costruiti utilizzando la filosofia sonica sopradescritta, possedete un’ottima sorgente di segnale, magnifici diffusori e un buon ambiente d’ascolto vi rendete conto immediatamente che le baggianate propinate non servono a nulla. Il vero suono, Grundig, sapeva come erogarlo in quanto i buoni apparecchi era in grado di progettarli e costruirli. Il loudness era parte integrante dei suoi apparecchi. Rifiutare anche solo una parte di quello che gli ingegneri avevano progettato corrisponde a rigettare in toto la filosofia costruttiva Grundig.

    Tanto vale quindi passare ad altri apparecchi. Ho sentito che esistono alcune schede cinesi che riescono anche a riprodurre musica… basta metterle in un contenitore e godere non ascoltando il suono ma guardando la bella linea “in bolla” della risposta in frequenza.
     
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    Questa "ode" a Grundig mi piace, e mi piace ospitarla senza fare troppe storie, senza fare i "doverosi distinguo" o puntualizzare alcunchè.
    Nel merito concordo in linea di massima su tutto.
    Però non è stato solo Grundig a sbattersene di ciò che faceva la concorrenza, ma, per dire un nome al volo, anche Peter Walker (Quad).
    Il fatto che l'onesta intellettuale di certi fabbricanti paghi così poco, però ha sempre teso a deprimermi.
    Un senso di malinconia e di inutilità, che accompagna il timore che noi in quanto umani si vada a fare una brutta fine, perchè artefici in primis del nostro male.
    Ad ogni modo ai tedeschi va riconosciuta la maledetta capacità tecnica e la testardaggine, che li ha da sempre portati all'eccellenza tecnologica, al primato su tutto e tutti.
    Un tedesco ti progetta a tavolino una cosa che funzionerà al primo colpo.
    Un tedesco progettò un missile da crociera con una telecamera montata in ogiva (era il 1945!!!).
    Un americano quello cui si rizzarono i peli della schiena quando capì cos'era quel missile-prototipo in un pagliaio della Baviera.
    Nel caso di Grundig va detto che non fu così, e ben sapendo che la materia ( acustica) mal si presta al calcolo predeterminato, ma molto vuole dal giudizio dell'organo uditivo umano, si produsse non solo in sistemi raffinati di compensazione fisiologica, ma anche in ampi e esaustivi tabulati con cui venivano proposti gli accoppiamenti migliori tra amplificatori e diffusori.
    E non credo siano stati fatti in camera anecoica!
    Certo, non me lo vedo l'ingegnerino tedesco camice bianco e occhialini sul naso ad ascoltare per ore impianti su impianti per redigere rapporti di compatibilità....più probabilmente (conoscendo un pò i tedeschi) ci sarà stato uno o più addetti per questo lavoro.
    E c'è da scommettere che tra questa figura e l'ingegnerino di cui sopra non mancasse la comunicazione.
    Che i prodotti Grundig fossero pensati e stra-pensati è poco ma sicuro.
    Anche i prodotti Quad lo erano, sebbene con una propensione al risparmio di energie maggiori, visto lo scarso numero di modelli prodotto.
    Modelli che non mancarono di essere modificati nel tempo per aggiornarli, con modifiche che non riguardarono quasi mai l'estetica.
    Proprio il contrario di ciò che fecero i giapponesi, dove l'estetica veniva sempre per prima, specialmente per segnalare un seconda serie o un modello fintamente nuovo ma internamente quasi identico a quello che andava a sostituire in catalogo.

    Sicuramente non furono solo Grundig e Quad ad affrontare in piena autonomia di pensiero la progettazione di apparecchi.
    Ma questi due marchi sono maledettamente in evidenza per questo aspetto, con, forse una leggera preminenza di Quad, che si permise di progettare e produrre con coraggio un diffusore elettrostatico a gamma intera nel 1956....andando in piena solitudine a cacciarsi in un vespaio pericoloso, con un coraggio che, direi, sconfinava nell'incoscienza.
    Ma come dimenticare che Grundig realizzò il primo amplificatore con equalizzatore a cinque gamme incorporato?
    L'acqua doveva passare copiosa sotto i ponti....l'equalizzatore sarebbe diventato la bestia nera....finchè un certo Mark Levinson lo sdoganò in seconda battuta con "The Audio Palette"...
    Ma..si sa....Levinson è Levinson....
    Vabbè....mi fermo sennò mi intristisco....

    Edited by tunedguy57 - 24/3/2015, 11:12
     
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